• 26 Febbraio 2015 /  disturbi di personalità, rassegna stampa

    Il Fatto Quotidiano –  24 febbraio 2015

    Sono passati quasi cento anni da quando, nel 1921, lo sconosciuto Hermann Rorschach pubblicava una ricerca strana. Si trattava di quindici macchie di inchiostro costruite lasciandone cadere alcune gocce su un foglio di carta e piegandolo poi in due. Le aveva sottoposte a un centinaio di suoi pazienti, dato che faceva lo psicanalista e aveva raccolto le risposte. Un lavoro certosino di ricerca, durato dieci anni. Era convinto che con quel test si potesse comprendere qualcosa di profondo sulla personalità della gente, ma allora è poco più di un’intuizione. Intanto raccoglieva, accumulando dati su dati. Purtroppo, un solo anno dopo la pubblicazione del test, ridotto a 10 tavole per contenere i costi di stampa, Rorschach perdeva la vita per un errore diagnostico. Scherzi del destino. Il suo test, come spesso accade con le invenzioni più strabilianti, venne riscoperto solo nel 1938 diventando il celebre “test delle macchie di Rorschach” come lo conosciamo oggi. Continua a leggere »

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  • Fidarsi è meglio. Altrimenti non cresci.

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    di Giancarlo Dimaggio

    Articolo pubblicato su inserto La lettura del Corriere della Sera, domenica 25 Gennaio 2015

    OLAFNell’infanzia si formano legami di attaccamento su cui fondiamo il senso di amabilità e valore personale. Comunicando con gli altri comprendiamo le menti. Nel mondo di finzione acquisiamo flessibilità e capacità di relazioni emotive. Poi esplodono gli ormoni, si spaiano le carte e diventa tutta un’altra storia.

    “In principio tutto era vivo” inizia Notizie dall’interno di Paul Auster. Parla di infanzia, il periodo in cui si costruisce ciò che diventeremo da adulti. Dalla nascita fino all’inizio della pubertà il bambino ha un’attività psichica incessante, elettrica, pulsante. Il suo mondo interno si fonda su dei pilastri. Continua a leggere »

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  • Dott.ssa, lei è una Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, puo’ spiegarci di cosa si tratta?

    panicoLa Psicologia, si occupa dei problemi emotivi e della percezione di sé e del mondo ormai da più di 100 anni e ancora prima se ne occupavano i filosofi. Possiamo dire che un approccio teorico efficace alla gestione dei problemi emotivi – in generale quindi alle psicopatologie – coincide con la comparsa e la diffusione, nel mondo della psicologia, del modello cognitivo comportamentale (Cognitive Behavioral Therapy CBT), negli anni Sessanta.

    Tale modello postula una complessa relazione tra emozioni, pensieri e comportamenti, sottolineando come molti dei nostri problemi (che possiamo definire disfunzionalità emotive) siano influenzati da ciò che facciamo e ciò che pensiamo nel presente, qui ed ora.

    Questo vuol dire che agendo attivamente ed energicamente sui nostri pensieri e sui nostri comportamenti attuali, possiamo liberarci da molti dei problemi che ci affliggono da tempo e che certamente abbiamo costruito nel tempo. Mi preme quindi sottolineare, che la CBT non è indifferente al passato e alla narrazione del paziente, sono piuttosto le tecniche che agiscono sul qui e ora. Continua a leggere »

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  • Uno dei fattori di rischio considerati fra i più potenti…Non facciamci ingannare:
    .: video: immagini pubblicitarie DISTORTE
    documentazione scaricabile dal sito:
    .: Intervista su Eco Radio
    .: Ecoradio Interventi di prevenzione promossi dal Governo

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  • La meditazione, producendo un ispessimento della corteccia cerebrale, aiuta a non sentire il dolore

    da Corriere della sera – salute.

    La meditazione, producendo un ispessimento della corteccia cerebrale, aiuta a non sentire il dolore

    (Contrasto)

    MILANO – La meditazione zen cambia la struttura della corteccia cerebrale, al punto da rendere chi la pratica meno sensibile al dolore. È il risultato di uno studio pubblicato su Emotion , una delle riviste dell’American Psychological Association. A condurre gli esperimenti, un gruppo di ricercatori dell’Università di Montreal guidato dal dottorando Joshua A. Grant. Il team ha valutato la sensibilità al dolore causato da una sorgente di calore in 17 cultori dell’antica pratica orientale e 18 persone che non l’avevano mai praticata. Il passo successivo è stata l’analisi della struttura del cervello dei due gruppi con la risonanza magnetica. Oltre a una maggiore capacità di sopportazione in quanti praticavano la meditazione, «abbiamo scoperto una relazione tra lo spessore di alcune aree della corteccia cerebrale e la sensibilità al dolore. Chi si dedicava a questa pratica, in particolare, aveva un maggiore spessore nella corteccia cingolata anteriore dorsale e nella corteccia somatosensoriale secondaria», ha illustrato Grant, che già in un precedente studio aveva analizzato la capacità di sopportare il dolore di adepti zen con più di mille ore di pratica. Era emerso che, mediamente, tolleravano una temperatura di 53 gradi Celsius sulla pelle, con una riduzione della sensibilità del 18 per cento rispetto alla popolazione generale. Continua a leggere »

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  • 3 Agosto 2009 /  rassegna stampa

    da Aipsi-Med

    gardinmanicomioPer la sua onestà intellettuale fu lasciato da parte dai politici italiani.
    Uno dei principali protagonisti di quella stagione innovativa della psichiatria italiana che si è svolta tra gli anni Sessanta e Settanta è stato Giovanni Jervis che ha saputo impegnarsi con coraggio. Nella prassi e nei risvolti culturali Jervis ha rappresentato in quell’epoca una voce distinta, autonoma. Se la scienza dell’anima ha molti padri, a cominciare da Freud, Jervis seppe coglierne la grandezza e i limiti, senza mai subire il fascino acritico dell’ autorità. Proprio per la sua onestà intellettuale è stato poi lasciato da parte dai politici italiani.

    Jervis sosteneva che i maestri vanno amati e seguiti, ma senza trasformarli in miti ingombranti che offuscano la nostra intelligenza critica. Così si comportò con Freud e la psicoanalisi, i cui effetti a un secolo di distanza riteneva fossero diventati più culturali che scientifici. E con lo stesso metro reagì nei riguardi di Franco Basaglia. Probabilmente per la medesima ragione, per un suo imperativo etico di dire i fatti nella loro concretezza, per un dovere verso gli altri, ha scritto l’ultimo libro, “La razionalità negata: psichiatria e antipsichiatria in Italia”, insieme a storico della medicina, Gilberto Corbellini, in cui racconta la cultura e gli avvenimenti di quegli anni che si concludono con la legge 180. Si parte dall’esperienza di Gorizia, ancora nella prospettiva delle comunità terapeutiche avviate nel mondo anglosassone. Da un lato Basaglia diventa vittima della sua fama, dall’altro i media, giornali e tv, tendono a semplificare,intervistando gli psichiatri alla moda e catalogando tra i positivi quelli contro il manicomio e tra i negativi quelli a favore, facilitando lo sviluppo delle più diverse credenze come se la psichiatria delle medicine fosse oppressiva e quella delle parole no, o che parlare di genetica rispetto al comportamento umano fosse “di destra”. Continua a leggere »

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  • 7 Marzo 2009 /  rassegna stampa, star bene

    Luci al neon e strade affollate in una Tokyo super moderna, luogo per eccellenza della fretta contemporanea. Dopo Milano e New York, la terza Giornata Mondiale della Lentezza quest’anno toccherà proprio il Giappone che ognuno di noi ha magari cominciato ad avvicinare attraverso i romanzi di Banana Yoshimoto, con i suoi templi delle industrie tecnologiche, degli orari di lavoro impossibili e del cibo pronto acquistato alle 2 di notte.

    Il giorno 9 marzo l’organizzazione di volontariato l’Arte di Vivere con Lentezza darà appuntamento in alcuni luoghi strategici della capitale giapponese per aprire un confronto anche in questa immensa metropoli sull’uso del tempo, sulla frenesia che attanaglia sempre più persone e sul vivere con lentezza.

    Scarica il manifesto di partecipazione alla Giornata

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