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#coronavirus – Chi voglio essere durante il COVID19?

#coronavirus – Chi voglio essere durante il COVID19?

Questo è decisamente un momento storico caratterizzato da una grande incertezza e paure. Ci ha travolti una tempesta, all’improvviso ci siamo ritrovati bloccati e costretti a reinventarci un modo totalmente differente di gestire la vita, nella solitudine, all’interno delle nostre mura, senza poter accedere alle attività più semplici come una passeggiata nel parco… Tanta paura e purtroppo anche una grande confusione, in parte prodotta dal caos dell’informazione.

Già detto tante volte, ma voglio ripeterlo: usciremo dalla tempesta. Possiamo, anzi dobbiamo, trasformare tutto questo in una opportunità. Dobbiamo usare questo momento per fermarci (obbligatoriamente), a riflettere.

Lo so, mi direte: sì ma l’economia? Avete ragione. Ognuno però deve fare la sua parte, ed io sono competente sulla parte psicologica che riguarda questo momento non so dirvi di economia o di virologia. Ecco, partiamo da questo assunto, cominciamo a fare chiarezza: ognuno faccia la sua parte e parli delle cose che conosce. Uno dei problemi di questo momento, della difficoltà che riverbera anche sulle nostre menti conseguentemente confuse, è che non c’è ordine. Intendo dire che tutti parlano di tutto. Capite bene che non è funzionale al nostro benessere una tale confusione.

Si è già detto anche questo, ma voglio ripeterlo: chi deve lavorare va ringraziato per lo sforzo, soprattutto i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, ma anche i corrieri, i magazzinieri, le commesse nei supermercati e i negozianti che ci assicurano i beni di prima necessità, le forze dell’ordine, i volontari tutti. Gli altri devono semplicemente stare a casa e non piagnucolare. Grazie. Lo so, ora tornate a dirmi sì ma i soldi? Avete ragione. Ma pensate che ci siano alternative? Possiamo immaginare di avere i soldi ma essere quasi tutti morti? Perché è questo che significa Pandemia. Significa che il virus è ovunque e non risparmia nessuno. Ripeto, ovunque e nessuno. Quindi prima dobbiamo salvarci e poi dovremo – da vivi – trovare le soluzioni per ricostruire l’economia. Per usare una metafora: prima le fondamenta poi il tetto. Il contrario non è possibile.

Questa è la premessa, un po’ dura, ma tant’è.

In questi giorni difficili anche per il mio lavoro, ho parlato con i miei pazienti (ovviamente non tutti i pazienti, molti ho dovuto rinviarli a non so quando), grazie alle piattaforme messe a disposizione dalla Rete, prevalentemente skype. Alcuni pazienti hanno mostrato una resilienza davvero meravigliosa, lo voglio dire perché sono orgogliosa di loro. Nonostante le difficoltà hanno mostrato coraggio e forza, abbiamo reinventato la psicoterapia in corso, adeguandola al momento, e la loro risposta mi ha letteralmente incantato. Vorrei dire GRAZIE anche a loro. Altri pazienti sono più in difficoltà di prima. Inevitabile.

Questo momento potrà essere inserito nell’elenco dei “traumi” della vita. Noi terapeuti così definiamo i traumi: si parla di traumi con la T maiuscola per riferirsi a eventi della vita che hanno coinvolto la persona in modo violento, come incidenti stradali, lutti, disastri naturali (terremoti, alluvioni), più in generale eventi durante i quali abbiamo percepito la paura di morire; parliamo di traumi con la t minuscola per riferirsi a traumi relazionali, cioè la quotidiana e ripetuta esposizione a figure d’attaccamento disfunzionali e/o a contesti familiari patologici, che provocano traumi emozionali.

Ora siamo ancora in emergenza e il nostro cervello, il nostro corpo stanno reagendo al bisogno, alla necessità di affrontare il momento. Lo sappiamo, sarà quindi delicato e critico il “dopo”. Dovremo raccogliere gli esiti delle nostre fatiche, delle paure. La nostra mente porgerà il conto e sarà ancora più salato delle sofferenze psichiche di oggi. Ma noi ci saremo preparati ad affrontare anche quel momento. Siamo adattabili, sebbene resistenti al cambiamento, anzi terribilmente resistenti al cambiamento… siamo adattabili! Ce la faremo perché ci renderemo conto anzi siamo già consapevoli, di quanto dobbiamo accettare questa situazione e adeguarci ad un cambiamento imposto dalla tempesta improvvisa. Beh, voi dite, non è semplice. No. Non è semplice affatto. Ma non abbiamo alternative, quindi dovremo necessariamente affrontare anche la seconda tempesta, quella del “dopo”. La buona notizia è che la seconda tempesta è annunciata, non è improvvisa, quindi possiamo prepararci.

Aggiungo altre riflessioni da tenere a mente sono:

Abbiamo tutti paura, ma possiamo gestirla.

La comunicazione esagerata spesso distorce la realtà e complica le interpretazioni dei fatti. “Allora informatevi di meno, informatevi meglio”.

Siamo tutti sulla stessa barca. Lo capiranno presto anche coloro che ancora ritengono il virus un problema italiano. Il virus non conosce confini e corre indisturbato fra i popoli senza risparmiare nessuno.

Ne usciremo, possiamo resistere, e affronteremo momento dopo momento anche il dopo.

Restiamo in contatto. Se stiamo vicini reggeremo bene.

Occupiamoci dei figli, dei nostri cari, degli amici. Dedichiamo il nostro tempo alle passioni che abbiamo dimenticato fra le pieghe delle nostre corse in un tempo passato quando il tempo non c’era.

Lo so che sono cose già dette, ma voglio ripetere anche questi suggerimenti per tutti noi in auto-isolamento.

Decidiamo noi in che misura e quando ascoltare le notizie. Evitiamo di ricercare i dati con ossessione immaginando di poterli interpretare nella speranza di trovare lì finalmente la verità e magari le colpe. Non serve a nulla rimanere nella continua attesa di notizie. Sconsiglio anche di procacciare le ultime notizie alla mattina appena svegli per evitare di iniziare la giornata con la testa che rimugina i dati del covid, e nemmeno alla sera prima di addormentarci perché in questo modo potremmo interferire sulla qualità del sonno. Il sonno è un grande terapeuta naturale, lasciamogli fare un buon lavoro!

Proviamo a rivivere il passato, magari sfogliando vecchi album di fotografie, immaginiamo anche cosa potremo fare finita l’emergenza. Consapevoli, restiamo nel presente fiduciosi nel futuro e pazienti.

Alziamoci la mattina secondo le abitudini, evitando di restare in pigiama, ma indossando vestiti adeguati, magari comodi, laviamoci, trucchiamoci, come se dovessimo uscire.

Programmiamo la giornata e la settimana, rispettando gli orari che abbiamo stabilito. Ogni giorno deve essere dedicato a un’attività aggiuntiva rispetto all’inevitabile routine, come mettere a posto documenti arretrati, rileggere vecchie lettere, cucinare un piatto non consueto, ascoltare l’opera preferita, prepariamo una ricetta speciale, sistemiamo le foto dei viaggi. Bisogna alternare attività sedentarie con attività motorie praticabili in casa (cyclette, flessioni, mobilizzazione articolare, salire e scendere a piedi le scale, ecc.).

Se abbiamo la fortuna di avere un terrazzo o un balcone, andiamo fuori alla luce del sole, che è sempre un potente antidoto contro la depressione, l’osteoporosi, l’insonnia. Il nostro cervello ha bisogno di stare al sole, quindi se non abbiamo il balcone possiamo affacciarci alla finestra e telefonare a un amico/a o semplicemente guardando fuori.

Bere almeno un litro e mezzo d’acqua, ogni giorno, anche se non si prova il senso della sete. Inoltre, una dieta equilibrata, con abbondante frutta e verdura, servirà a evitare la stitichezza che si può accompagnare alla forzata riduzione del movimento.

Mantenere o aumentare le relazioni amicali a distanza, utilizzando il telefono, le mail e i social (fatevi assistere da nipoti o amici per via telefonica se avete bisogno di consigli tecnologici). Con tanto tempo a disposizione cerchiamo di contattare un amico o un parente che non sentiamo da parecchio tempo. Skype e altre piattaforme, consentono di collegarsi da un capo all’altro del mondo e oggi lo usiamo anche per video-chiamare l’amica/o che abita nella stessa città. Se avete un animale domestico prestategli maggiore attenzione e maggiori cure.

Seguiamo con attenzione le prescrizioni per l’assunzione dei farmaci. Se avete delle incertezze consultate per telefono il vostro medico curante, ma non fidatevi dei consigli (personali o televisivi) di falsi esperti. Non vi è nessun motivo per cambiare le terapie che seguivate prima della crisi. Non fate ricorso a medicine per dormire senza la prescrizione del vostro medico: potrebbero essere dannose per la capacità di vivere serenamente.

Trasformiamo l’attuale esperienza di riduzione dei contatti che stiamo vivendo a causa del virus, in una spinta ad essere domani più aperti, disponibili, attenti alle esigenze degli altri. Dopo aver sperimentato la solitudine saremo più capaci di difendere i nostri affetti e le nostre relazioni, con vantaggi personali e per le persone che ci circondano. Il nostro obiettivo deve essere “scoprirci migliori di prima, più gentili, più consapevoli del nostro mondo”.

Alimentazione. Solitamente non abbiamo tempo per cucinare e spesso nemmeno per fare una spesa consapevole ed equilibrata. Ecco che ci ritroviamo ora nella condizione di studiare alcune ricette, di programmare meglio l’alimentazione di valutare i nutrimenti. Può essere l’opportunità di apprendere uno stile alimentare che riusciremo più facilmente a mantenere anche dopo.

I bambini soffrono questa reclusione, questo isolamento ovviamente è faticoso per loro, io però non sono sicura che soffrano più degli adulti. Ho il sospetto che sia l’eco degli adulti a farli soffrire più che le effettive limitazioni di quella libertà che loro non percepiscono ancora così chiaramente. Questo ci riporta alla riflessione sulle priorità, comunque, anche nel caso in cui soffrissero effettivamente di più, dobbiamo preservare la vita. Non possiamo rischiare i contagi moltiplicati e innumerevoli per far giocare all’aperto i bambini. Qualche genitore o qualche nonno in più che muore è un prezzo troppo alto da pagare.

Portiamo pazienza, ancora un po’ di tempo e dopo, con attenzione e precauzioni adeguate, sarà possibile uscire nei parchi con i bambini. Un giorno tutto questo sarà solo un brutto ricordo e torneremo a correre nei parchi con i bambini che assaltano gli scivoli e le altalene.

Ogni giorno fermiamoci e pensiamo a chi non c’è più a chi ci ha lasciato in silenzio, in solitudine stringendo le mani degli infermieri, lontano dai propri cari. E’ per loro, per chi è rimasto, per i nostri figli, che dobbiamo avere il coraggio di resistere e credere che la tempesta passerà.

Il 27 marzo Papa Francesco ha pregato in una Piazza San Pietro deserta. Quell’immagine raccoglie nel mio ricordo, la paura e la fragilità dell’uomo. Il Papa che faticosamente cammina solo in quella Piazza deserta sotto la pioggia come se portasse il carico del dolore dell’umanità intera che soffre, la ricorderemo fra le immagini dolorose di questo momento.

«Venuta la sera» (Mc 4,35). Così inizia il Vangelo che abbiamo ascoltato. Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti» (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme. (…)

Insieme ce la faremo. Occorre lo sforzo di tutti e la pazienza di attendere, assieme alla saggezza di accettare questo difficile momento di straordinario dolore.

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