• da Osservatorio di Pscicologia nei media

    Ancora una volta pensiamo che la soluzione sia semplice e soprattutto che un farmaco possa magicamente interrompere un disturbo. Pubblico volentieri questo post dell’Osservatorio di Psicologia nei media, invitandovi a leggere fino in fondo il commento del Prof. Riffelli.

    “Allego quanto appena scritto al programma “Lamedicina” (Trasmissione Radio1 ore 19.30 del 25/11/2009) —- Salve, questa sera alle 17.30 ho ascoltato il vostro programma dove si parlava di impotenza maschile. Il medico intervistato ha detto più o meno testualmente che: “..l’impotenza maschile si pensava fosse un problema psicologico mentre invece è solo una carenza del neuromediatore serotonina e la malattia si può curare semplicemente fornendo serotonina..” Questa affermazione spiega solo una parte del problema ed è estremamente riduttiva, fuorviante e antieducativa. Sono sicuro che abbiate una certa cultura per capire che dietro una malattia c’è un’eziopatogenesi, dove la patogenesi può anche essere la carenza di serotonina, ma come ultimo anello che parte da un’eziologia che può essere quanto mai psicologica. Detto in parole povere poniamo il caso di un uomo impotente in relazione al fatto che la sua donna per motivi suoi da un po’ non si lava e questo riduce l’eccitazione, voi pensate che con la serotonina migliori? Oppure non possa essere un problema che va dall’igiene della donna al bisogno di chiarimenti di coppia? Nelle università si studia e si fa ricerca scientifica in psicologia da circa 100 anni e in Italia ci sono almeno una decina di scuole di psicoterapia ad orientamento psicosomatico riconosciute dal ministero. Sono certo che vorrete rimediare con un equilibrio… ….informativo che protegga gli ascoltatori da facili illusioni volte a tutelare una casta che sembra dica sempre grandi verità, ma incomplete. La medicina non è una scienza esatta.

    Vi ringrazio per l’attenzione e attendo una vostra risposta. Giampiero Bonacina – Lecco Psicologo- psicoterapeuta PS: da 20 anni curo persone collaborando anche con medici che non hanno paura di riconoscere i loro ovvi limiti disciplinari.”


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    lamedicina la puntata del 25/11/2009: Emanuela Medi

    COMMENTO  (Osservatorio di Psicologia nei media) a cura della Dr.ssa Sara GINANNESCHI

    Abbiamo ascoltato con attenzione la puntata che ci veniva segnalata nella sua seconda parte, quando, al minuto 01.48” Emanuela Medi intervista Annamaria Messa, Giornalista Medico Scientifico. La signora parla di una ricerca citando percentuali su percentuali: quanti uomini soffrono di eiaculazione precoce in Italia (su un campione abbastanza nutrito a dire il vero); quanti ne parlano; quanti ne parlano al medico v/s alla partner; quanti hanno problemi correlati (citati come secondari al disturbo sessuale) di ansia; in che misura questo va a determinare altre conseguenze di ansia ed insoddisfazione della partner ed infine la rivelazione! Il 92% degli uomini ritiene che la propria eiaculazione precoce dipenda da fattori psicologici ma “è invece dimostrato” si cita testualmente “che dipende da un neurotrasmettitore, la Serotonina. Basta aumentare la concentrazione a livello del Sistema Nervoso Centrale per migliorare la risposta sessuale maschile.”

    Definizione: L’Eiaculazione precoce è una disfunzione sessuale e più propriamente un disturbo dell’orgasmo maschile che consiste nel presentarsi in maniera persistente e ricorrente di eiaculazione in seguito a stimolazione sessuale anche minima o prima, durante o poco dopo la penetrazione (entro un minuto). Affinché si manifesti come disturbo della sessualità è necessario che la persona ne subisca un notevole disagio o che da essa scaturiscano difficoltà interpersonali. Negli anni molti autori hanno cercato di definire in maniera sia qualitativa che quantitativa il disturbo in maniera chiara e trasparente affinché la comunicazione tra diversi specialisti che si occupano di trattarle potessero dialogare con un vocabolario comune.

    Quando si fa una diagnosi di Eiaculazione precoce è necessario verificare che non vi siano concomitanti problemi di natura medica come traumi al sistema nervoso simpatico avvenuti per interventi chirurgici, frattura pelvica, disturbi locali urogenitali (prostatite, uretrite ed ipertrofia prostatica) o che questa si manifesti a seguito di crisi di astinenza da narcotici o antipsicotici. Questo significa che la Disfunzione Sessuale definita Eiaculazione Precoce ha un’eziopatogenesi di tipo misto fisiologico, strutturale, psicologico; gli studi attuali non solo sono poco unitari, ma di per sé risultano infine inconsistenti affinché si possa darne uno solo come il più accreditato. Sarebbe necessario studiare questo problema tenendo in considerazione un’ampia gamma di fattori che possano essere associati con l’eiaculazione precoce ed indaghino come tali fattori interagiscono l’un l’altro. Non si nega infatti che vi siano delle variazioni neurochimiche a livello cerebrale e più volte ci siamo occupati di provare a spiegare la stretta correlazione tra psicologia e neurofisiologia come un’interdipendenza molto frequente anche se ancora si è lontani dalla sua comprensione totale. Una riduzione di serotonina è spesso associata alla Depressione Maggiore, ecco perché alcuni dei principali farmaci antidepressivi si chiamano Serotoninergici o SSRI (selective serotonin reuptake inhibitors – inibitori selettivi del reuptake della serotonina – ne impediscono la ricaptazione rendendo quindi questo neurotrasmettitore più a lungo disponibile). Asserire che nell’eiaculazione precoce vi è una riduzione di Serotonina non ci stupisce, ma può essere questa l’unica causa del disturbo? Può forse essere possibile che un uomo dai 18 ai 55 anni (il campione dello studio cui ci si riferiva nella trasmissione “la medicina”) che soffre di eiaculazione precoce, possa presto manifestare un abbassamento del tono dell’umore tale da determinare nel cervello una diminuzione dei tassi di serotonina tipici delle condizioni depressogene? Ancora una volta ci si dovrebbe porre il quesito: è nato prima l’uovo o la gallina?

    La mancanza di una definizione univoca dell’eiaculazione precoce e la scarsa chiarezza circa la sua strategia non ha però impedito lo sviluppo di diverse strategie d’intervento mirate ad incrementare la latenza eiaculatoria ed il controllo. Quelle predominanti sono certamente le terapie comportamentali, meglio se affrontate in coppia e quelle farmacologiche; delle altre non vi sono alcune prove di efficacia. Nelle terapie sessuali comportamentali si insegna all’uomo, meglio in terapie di coppia in cui la compagna è presente e partecipante, tecniche specifiche. La compartecipazione della partner ha effetti indiretti non solo sul trattamento della componente ansiosa di entrambi i partner, ma anche sul fatto di tenere in giusta considerazione la sua soddisfazione sessuale che conseguentemente al problema del maschio si presenta.

    Non si vuole quindi condannare l’utilizzo del farmaco, ma ci sembra inopportuno indicarlo come panacea di ogni male, perché non solo impigrisce il clinico nella ricerca dell’etiopatogenesi di disturbo studiato da molti anni ma ancora lontano da una definizione etiologica chiara, ma impedisce anche una più completa comprensione del problema e quindi il suo trattamento in toto, quindi come problema oltre che personale, di coppia.

    Come il collega che ci ha segnalato questa trasmissione, anche noi ci chiediamo se questo riduzionismo all’utilizzo del farmaco possa determinare una cattiva immagine dei disturbi nell’individuo e nelle persone che gli sono vicine. Il tabù di cui si parla è chiaro da comprendere, in una cultura iperperformante come la nostra ed anche un po’ machista, l’eiaculazione precoce rappresenta evidentemente, per colui che è affetto da questo tipo di problema, l’emblema del fallimento dell’uomo nell’esercizio di se stesso; ma suggerire che “sia colpa di” un neurotrasmettitore forse è un modo anche di deresponsabilizzare la persona, che, se provasse un immediato sollievo non andrà neanche mai ad affrontare il problema, che abbiamo illustrato come ben più complesso, in altra maniera.

    Come già spiegato l’eiaculazione precoce dipende da molti fattori e non è facile stabilire quale sia il principale, quale si aggiunga successivamente come iatrogeno, quale mantenga infine il problema ed è per questo che si ritiene necessario un approccio omnicomprensivo della persona perché impari a ridimensionare i propri standard personali, conviva con le proprie limitazioni umane e diventi più sincero con se stesso e con il partner; non si dovrebbero mai affrontare i problemi sessuali come eventi che coinvolgono solo chi ne soffre, senza inquadrare il caso comprendendo anche il partner (che comunque vive di riflesso la stessa situazione e ci mette le proprie credenze, emozioni e reazioni!). Le credenze alla base di questa ipersessualità che contraddistingue il “vero uomo” dovrebbero essere una volta per tutte sorpassate e non bypassate grazie all’utilizzo di un farmaco. Invitare all’utilizzo di esso contribuisce a nostro avviso, a mantenere ben presente il tabù di cui si parla nell’intervista; non è altro che nascondere lo sporco sotto il tappeto senza contare poi gli effetti collaterali che questa corsa alla cura farmacologica ad hoc comporta.

    BIBLIOGRAFIA

    Dèttore, D. (2001). Psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale. Milano: McGraw-Hill Companies.

    Kinzl, J.F. (2009). Major depressive disorder, antidepressants and sexual dysfunction. Neuropsychiatry. 23(2):134-8. Review.

    PARERE DEL PROF. GIORGIO RIFELLI

    Non è trascorso nemmeno un secolo da quando l’eiaculazione precoce è stata riconosciuta come disfunzione sessuale. Prima degli anni venti del 900 si considerava solo la cosiddetta eiaculazione ante portas che realizzandosi quando ancora non è avvenuta l’introduzione impedisce la fecondazione. Ma con l’inizio del XX secolo è iniziata quella rivoluzione sessuale che si compirà dopo quasi settanta anni e per suo merito il piacere femminile cominciò ad avere una qualche legittimazione. Si “scoprì” allora che durante il rapporto sessuale l’uomo ha tempi ridotti rispetto a quelli necessari alla donna per ottenere l’orgasmo. I nostri antenati si trovarono quindi di fronte a due condizioni: l’uomo ha una eiaculazione precoce e la donna un orgasmo tardivo, potevano scegliere quale delle due fosse clinicamente rilevabile e decisero per l’eiaculazione precoce in omaggio al dettato culturale per il quale è l’uomo assegnatario del potere sessuale e quindi è l’uomo responsabile degli eventuali insuccessi. Così è nata l’eiaculazione precoce e quella breve durata venne considerata “precoce” senza avere un parametro che definisse la durata “normale”. Nel corso del tempo ci hanno provato in molti offrendo riferimenti temporali che vanno da uno a trenta minuti e quindi impedendo qualsiasi credibile utilizzazione oppure ricorrendo al giudizio della partner che con il proprio orgasmo sancisce la normalità del compagno. Evocando pratiche tantriche si è sostenuto anche che l’uomo normale sa controllare il riflesso eiaculatorio ma, in conclusione, non si è identificato un parametro certo anche perché a dire il vero esistono rapporti “veloci” che quando condivisi sono di particolare soddisfazione per entrambi i partner. Non esiste dunque una eiaculazione “precoce”, ma una modalità di fruizione del piacere che può risultare insoddisfacente per uno o per entrambi i partner. Una fruizione del piacere per alcuni precipitata ed esplosiva e per altri graduale e prolungata. Come avviene per un bicchier di vino con diverso piacere alcuni tracannano, altri degustano analogamente la coppia può trarre vantaggi e soddisfazioni nelle due versioni sempre che trovi una concertazione che consenta la reciprocità del piacere. Tranne quei rari casi in cui sono presenti danni organici (per lo più di natura neurologica) che di per sé sono così gravi che fanno facilmente dimenticare la precocità del rapporto sessuale, l’eiaculazione precoce è una modalità comportamentale che trae ragion d’essere dalle modalità di realizzazione del proprio sviluppo psico-sessuale e dalle dimensioni relazionali caratterizzanti l’incontro con la propria partner. Si tratta dunque di una manifestazione complessa dove giocano fattori intrapsichici, relazionali, neurologici, motori, ghiandolari e quindi anche biochimici visto che in qualche modo emozioni, sentimenti e comportamenti devo trovare vettori organici. La serotonina ovvero il suo metabolismo, sembra essere uno degli elementi biochimici che intervengono nel manifestarsi del fenomeno e non sorprende che si possa agire su di esso utilizzando farmaci adeguati.

    Di recente disponiamo del Priligy un farmaco capace di allungare i tempi della latenza eiaculatoria ed è il benvenuto se consentirà di ottenere ciò che promette.

    In verità la letteratura scientifica indica risultati non così entusiasmanti (raddoppierebbe i tempi di chi ha una latenza di circa un minuto) anche se non vengono riferiti effetti collaterali di rilievo e la pratica clinica ci dirà quali realmente sono i vantaggi. Nell’attesa dobbiamo prepararci a subire operazioni di marketing che imiteranno quelle già attuate per il Viagra e similari. La pillola (questa volta è d’argento e non blu) verrà proposta come risolutiva indipendentemente dallo specifico di ogni situazione personale e di coppia, mentre la precocità dovrà essere privata delle sue valenze simboliche (la compromissione della funzione sessuale è vissuta come compromissione della propria virilità) e ricondotta ad un semplice disequilibrio chimico. Se così sarà ci troveremo di fronte a quanto è già avvenuto per l’impotenza erettile: solo una minima percentuale (viene stimato il 14% dei cosiddetti impotenti) si cura e chi assume la pillola anche con successo tende ad abbandonarla (il 75%) dopo sei-otto mesi. Tutto ciò  perché non si tratta di chimica: se mi curo o se prima del rapporto sessuale prendo una pillola è come se ogni volta mi ripetessi “sono impotente” senza considerare che la partner può vivere quegli espedienti come testimoni di una propria femminilità incapace di evocare una adeguata risposta sessuale.

    L’universo simbolico nel quale si iscrive il nostro essere sessuati e la nostra esperienza sessuale è, purtroppo, assai complicato. Conseguentemente le disfunzioni sessuali presentano una estrema variabilità di situazioni personali e relazionali che richiedono un approccio capace di valutare e affrontare le diverse componenti. Nel caso dell’eiaculazione precoce all’andrologo e allo psicologo si richiedono competenze che trascendono il loro specifico occorre assumere infatti un’ottica transdisciplinare che si pretende da chi si dichiara sessuologo. Le attese magiche (massimo risultato con il minimo sforzo) di chi chiede il cambiamento della propria espressione sessuale colludono negativamente con i media e con le esigenze di mercato. Mettersi in discussione è assai più costoso che sostenere la spesa della pillola blu o di quella d’argento dalle soluzioni facili e immediate. Ma quando la patologia ha una matrice psicologica ed una espressione somatica l’approccio psicoterapeutico che ha come obiettivo il recupero della funzione sessuale è privilegiato anche se i farmaci non vengono disdegnati, ma quando nell’ottica di un aumento del fatturato la malattia è ridotta ad un semplice sintomo e si dimentica il riferimento alla persona come unità psico-somatico-relazionale anche il farmaco perde le sue magie.

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    Pubblicato da Maria Pia Bagnato Bulgarelli @ 18:59

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