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Sull’ansia – attacchi di panico e fobie…

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Cosa significa soffrire d’ansia? E cos’è questa emozione così terribile che accompagna e pervade il nostro corpo di sintomi così insopportabili e spesso invalidanti?
Innanzitutto va detto che l’ansia è una buona compagna di vita se tenuta a buoni livelli, come dire: se non va oltre una certa soglia a dire il vero un po’, anzi troppo, scomoda!
E’ una buona compagna perché in alcuni momenti ci ha dato la possibilità di ottime performance che altrimenti non sarebbero state possibili. Prendiamo ad es. gli atleti prima delle gare, gli studenti prima delle prove d’esame, chiunque di noi davanti a qualsiasi prova. Appare evidente che una “buona” dose di ansia ha sempre alzato i livelli di perfomance, altrettanto chiaro invece che alti livelli di ansia immobilizzano e rendono impossibile qualunque prova. Premesso ciò stiamo parlando quindi di quantità, e aggiungo anche di interpretazione di un evento più terribile di quanto non sia. Ma tutto ciò non chiaramente sufficiente per smettere di stare male!

Riprendendo il Manuale Diagnostico e Statisco dei Disturbi Mentali (DSM IV) vediamo che i disturbi d’ansia sono così catalogati e descritti:

Un Attacco di Panico corrisponde a un periodo preciso durante il quale vi è l’insorgenza improvvisa di intensa apprensione, paura o terrore, spesso associati con una sensazione di catastrofe imminente. Durante questi attacchi sono presenti sintomi come dispnea, palpitazioni, dolore o fastidio al petto, sensazione di asfissia o di soffocamento, e paura di “impazzire” o di perdere il controllo.
L’Agorafobia è l’ansia o l’evitamento verso luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile (o imbarazzante) allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile aiuto in caso di un Attacco di Panico o di sintomi tipo panico.
La Fobia Specifica è caratterizzata da un’ansia clinicamente significativa provocata dall’esposizione a un oggetto o a una situazione temuti, che spesso determina condotte di evitamento.
La Fobia Sociale è caratterizzata da un’ansia clinicamente significativa provocata dall’esposizione a certi tipi di situazioni o di prestazioni sociali, che spesso determina condotte di evitamento.
Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo è caratterizzato da ossessioni (che causano ansia o disagio marcati) e/o compulsioni (che servono a neutralizzare l’ansia).
Il Disturbo Post-traumatico da Stress è caratterizzato dal rivivere un evento estremamente traumatico accompagnato da sintomi di aumento dell’arousal e da evitamento di stimoli associati al trauma.
Il Disturbo Acuto da Stress è caratterizzato da sintomi simili a quelli del Disturbo Post-traumatico da Stress che si verificano immediatamente a seguito di un evento estremamente traumatico.
Il Disturbo d’Ansia Generalizzato è caratterizzato da almeno 6 mesi di ansia e preoccupazione persistenti ed eccessive.

Che fare quindi nel momento in cui ci sentiamo pervasi da sintomi così intrusivi e spesso invalidanti per la nostra vita?
Mai come in questo caso vale la pena di intervenire subito all’insorgere del disturbo. Prendiamo per esempio l’attacco di panico che normalmnte è il più destabilizzante per la caratteristica che lo contradistingue: l’improvvisa apparsa dei sintomi, apparentemente senza “giusta causa”.
Cosa succede durante un attacco di panico?

Il DSM [Manuale Diagnostico e Statisco dei Disturbi Mentali] descrive i seguenti sintomi:

1) palpitazioni, cardiopalmo, o tachicardia
2) sudorazione
3) tremori fini o a grandi scosse
4) dispnea o sensazione di soffocamento
5) sensazione di asfissia
6) dolore o fastidio al petto
7) nausea o disturbi addominali
8) sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento
9) derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da sé stessi)
10) paura di perdere il controllo o di impazzire
11) paura di morire
12) parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio)
13) brividi o vampate di calore.

Evidentemente il quadro più sopra descritto comporta una grave sofferenza psichica. Teniamo presente che i sintomi non sono simulati – come qualcuno pensa, trattandosi di una psicopatologia – la tachicardia è reale, i tremori, la dispnea… sono reali sensazioni / reazioni del sistema neurovegetativo. Questa persona sta veramente male!
E’ comprensibile allora che si generi nella persona una paura che quella sensazioni ritornino a vivere così improvvisamente come è capitato al momento dell’esordio. Questa paura della paura fa sì che si inneschi un meccanismo tipico dei disturbi d’ansia: l’evitamento. Ho paura (comprensibile) di quella costellazione di sintomi, quindi evito i posti e/o le situazioni che potrebbero scatenare questa sintomatologia. Purtroppo anche qui ci ritroviamo – come spesso accade – nelle sindromi psichiche, in un circolo vizioso che perpetua e alimenta il sintomo e il disturbo. Evitando le situazioni che possiamo chiamare “fobiche” che potrebbero richiamare la paura, ho la prova che non mi accade nulla.

Purtroppo però la continua paura di quell’evento mi rende estremamente sensibile a qualsiasi situazione che sempre più si allarga a macchia d’olio, se prima evitavo per esempio solo le discoteche perché è là che ho avuto il mio primo attacco di panico, dopo comincio ad evitare i luoghi affollati, poi qualsiasi posto che mi da un senso di costrizione… fino a quando eviterò di andare al super mercato, a far la spesa, in autostrada – perché potrei incappare in una coda e da lì non saprei come fare a uscire – in banca… questo evitamento “esponenziale” tiene vivo il sintomo e lo amplifica e sempre più vincola le mie scelte e condiziona la mia vita. Ecco perché i disturbi d’ansia sono di semplice risoluzione se affrontati all’esordio, ma sempre più complicati e “stratificati” – quindi maggiormente difficili da risolvere – se affrontati dopo mesi o addirittura anni di evitamento e di “paura della paura”.

Va inoltre tenuto in considerazione il rischio di sviluppare oltre all’attacco di panico per esempio agorafobia. Questo estremo evitamento e isolamento spesso porta la persona a rinchiudersi in casa senza riuscire a mettere un piede fuori dall’uscio! Non è difficile che a questo punto si sviluppi una depressione per il progressivo isolamento e l’incapacità di affrontare qualsiasi compito.

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Per avere una idea di quanto sopra ho descritto consiglio la visione di due film: per l’attacco di panico “Terapia e pallottole” con Robert De Niro e Billy Cristal 1998. Mentre per l’agorafobia “Copycat Omicidi in serie” con Sigourney Weaver (1996).
Per una comprensione del disturbo ossessivo compulsivo consiglio invece la visione di “Qualcosa è cambiato” con Jack Nicholson 1997.
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Chiaramente come psicologa sconsiglio l’utilizzo di psicofarmaci per affrontare in un primo momento i disturbi d’ansia, anche se ne riconosco l’efficacia nel caso in cui il disturbo sia così grave e/o cronico che può essere senza dubbio opportuno affiancare alla psicoterapia una terapia farmacologica. La prima cosa da fare e rendersi conto del disturbo – che peraltro è in forte crescita – e chiedere aiuto. Cercando il più possibile di non modificare per nulla le abitudini di vita, cioè, il primo suggerimento è: non evitare!!
Può essere invece utile una esposizione graduale all’evento fobico, magari in compagnia di una persona fidata (un amico, un fratello, il marito o la moglie) per le prime volte e poi da soli. Questo dovrebbe funzionare esattamente al contrario di quanto esposto prima: ho la dimostrazione che anche se mi espongo non sto male, oppure sto male ma sempre meno. Sono infatti avantaggiata dalla conoscenza del disturbo e da una incredibile verità: dura poco, al max 15 minuti, ma termina! Non è infinito e irreversibile come mi è apparso la prima volta! Inoltre non posso morire, non ho un infarto… ho solo paura! Lo so che ciò che ho detto non è assolutamente sufficiente : ma è chiaro che in questa sede non ho la presunzione di fare terapia.
Anche in questo caso ho cercato di descrivere alcuni sintomi e di dare qualche suggerimento, rimandando il resto alla terapia che normalmente da ottimi risultati.
Più sopra ho elencato altri disturbi d’ansia. Mi sono volutamente soffermata sull’attacco di panico perché sembra in forte crescita e perché spesso anche presso i pronti soccorsi dove arrivano i pazienti con le prime crisi, non viene presa in considerazione questa diagnosi differenziale, con la terribile conseguenza di mesi di indagini cliniche per verificare eventuali disturbi cardiaci o altre ipotesi diagnostiche. Ciò comporta oltre che una spesa per il paziente e per il SSN la cronicizzazione del disturbo, che come abbiamo visto rende poi difficile la risoluzione in psicoterapia.

Un articolo interessante
DAP e farmaci / Terapia Cognitivo-comportamentale
[Tratto da: “Drug-Free Therapy Gives Patients Reprieve from Panic Disorder” –
AScribe Newswire – Jan.2002]

Un equipe di ricerca dell’Università dell’Ohio State (Usa) ha focalizzato l’attenzione sull’efficacia dell’approccio misto psicoterapeutico e farmacologico per il trattamento degli attacchi di panico.

In particolare, dallo studio è emerso che quattro pazienti su cinque sofferenti di dap riuscirebbero a mantenersi in una condizione pressochè libera dai sintomi più gravi per un periodo di circa sei mesi dopo aver interrotto il trattamento farmacologico, se nel contempo hanno fatto ricorso ad una psicoterapia, che gli autori dello studio in questione indicano di tipo cognitivo-comportamentale, che possa supportarli attraverso strategie di evitamento dell’ansia e ristrutturazione cognitiva.

“La maggiorparte dei pazienti che abbiamo seguito nella ricerca che avevano sospeso la somministrazione di farmaci antidepressivi mentre contemporaneamente intraprendevano una psicoterapia comportamentale – dice il dr.Brad Schmidt, docente di Psicologia presso la Ohio University e coautore dello studio – hanno mantenuto per un lungo periodo di tempo una condizione psichica sufficientemente adattata e libera da sintomi invalidanti..”.
La ricerca, che è apparsa recentemente sulla rivista specializzata “Behaviour Research and Therapy”, interessa una vasta area di popolazione soggetta a frequenti crisi di attacchi di panico. Si stima che negli Stati Uniti vi siano approssimativamente oltre dieci milioni di persone che soffrono di questo disturbo e la maggiorparte di essi viene trattata farmacologicamente con ansiolitici ed antidepressivi, solitamente con benzodiazepine; alcuni di questi farmaci tuttavia possono presentare diversi effetti collaterali ed incidere sulla sfera sessuale e del funzionamento cardiovascolare, per cui è importante affiancare cure alternative di tipo psicologico che possano attenuare la somministrazione dei farmaci contribuendo a stabilizzare le condizioni psicologiche e aumentando le capacità soggettive di risposta allo stress derivante dalla patologia ansiosa.
“I pazienti spesso sembrano rassegnati a dover prendere le medicine per tutta la vita per poter controllare i loro disturbi di panico – continua il dr.Schmidt – ma molti di essi rispondono molto bene alle terapie psicologiche e possono quindi progressivamente diminuire l’assunzione di farmaci”.

I dati della ricerca mostrano infatti che circa l’80% dei pazienti seguiti per sei mesi con psicoterapia (CBT) dopo la sospensione del farmaco continuavano a presentare un quadro complessivo privo dei gravi sintomi tipici del disturbo di panico.

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