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    In occasione dell’assemblea della SITCC (Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva) è organizzata una tavola rotonda sul perfezionismo.
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    Parteciperanno:
    Randy O. Frost, Smith College (USA): Keynote: The Pathology of Perfectionism
    Federica Tozzi: Capire il perfezionismo attraverso i geni.
    Marina Apparigliato: Criticismo e perfezionismo. Quali correlazioni?
    Silvio Lenzi: Una convesazione con il paziente perfezionista
    Patrizia Todisco:Una definizione unidimensionale del “perfezionismo clinico” nell’ottica cognitivo-comportamentale: Implicazioni teoriche e terapeutiche
    Amelia Gangemi: Il ruolo degli stati affettivo-motivazionali nell’elevazione degli standard di valutazione.
    Giovanni Maria Ruggiero: Il timore e il controllo nella psicopatologia dell’ansia e nei disturbi alimentari.

    The Pathology of Perfectionism
    (Il perfezionismo patologico)
    Randy O. Frost
    Smith College
    Northampton, MA 01063

    Perfectionism has been implicated in a variety of disorders including all the anxiety disorders, depression, eating disorders, sexual disorders, somatoform disorders, as well as a host of other problems. There is no doubt that it plays a significant role in the development and maintenance of psychopathology. However, significant disagreement has arisen about the definition and assessment of the construct. In this keynote, I will address several questions about the definition and scope of the construct of perfectionism. For instance, what crucial features of perfectionism lead to psychopathology? Are there different forms of perfectionism? Have we exhausted the usefulness of the term perfectionism? Recent findings related to these questions will be presented, and suggestions for future research will be presented.

    Capire il perfezionismo attraverso i geni
    Federica Tozzi

    Negli ultimi decenni il concetto di perfezionismo è stato oggetto di un fervente dibattito scientifico, tuttavia esiste ancora disaccordo e incertezza sulla sua definizione. Lo studio del perfezionismo attraverso studi su gemelli può fornire basi empiriche per la definizione fenotipica del perfezionismo e può contribuire in maniera significativa a raggiungere una più ampia comprensione della sua struttura, e della sua relazione con la psicopatologia. Abbiamo utilizzato modelli su gemelli per esplorare il contributo di fattori genetici e ambientali alla vulnerabilità al perfezionismo, studiare la sua organizzazione strutturale, e la sua relazione con tratti ossessivo-compulsivi.
    Perfezionismo e tratti ossessivo-compulsivi sono stati valutati con la Multidimensional Perfectionism Scale (MPS) di Frost (1990), e il Padua Inventory (Sanavio, 1988) in 1547 gemelli di sesso femminile del Mid-Atlantic Twin Registry. I risultati dei modelli multivariati (independent and common pathways) sostengono la concettualizzazione del perfezionismo come costrutto multidimensionale. I modelli inoltre mostrano un pattern complesso di relazioni all’interno del perfezionismo, tra le sue dimensioni (preoccupazioni per gli errori, dubbi sulle azioni, standard personali), e tra perfezionismo e tratti ossessivo-compulsivi. Perfezionismo e tratti ossessivo-compulsivi sono due entità separate, ma mostrano anche una parziale sovrapposizione, con fattori eziologici comuni.
    Le implicazioni di questi risultati sulla definizione del costrutto saranno discusse.

    Criticismo e perfezionismo. Quali correlazioni?
    Apparigliato M., Ruggiero G.M., Sassaroli S.

    Il criticismo è uno stile relazionale ricco di implicazioni psicopatologiche. Dati sperimentali lo correlano con l’andamento sintomatologico dei disturbi alimentari e del disturbo ossessivo e con una maggiore tendenza a scompensi e ricadute nella schizofrenia e nei disturbi depressivi. Una analisi cognitiva approfondita consente di definire il criticista come un soggetto che persegue lo scopo di modificare e/o controllare il comportamento, gli atteggiamenti e le convinzioni altrui mediante l’esercizio di rimproveri, in base alla credenza di essere in possesso della conoscenza di ciò che è bene o male per gli altri. Il soggetto che subisce il criticismo può sviluppare credenze psicopatogene quali perfezionismo patologico. Frost et al. (1993) hanno dimostrato che i figli di genitori criticisti tendono al perfezionismo e che le madri e i padri di persone perfezioniste vengono percepiti dai propri figli come più critici, più colpevolizzanti e meno permissivi (1991). Secondo gli autori che sostengono la multidimensionalità del perfezionismo (per es. Frost et al., 1990; Hewitt e Flett, 1991), esistono delle dimensioni interpersonali di questo costrutto tra cui un perfezionismo eterodiretto che porta ad applicare le proprie aspettative eccessivamente elevate anche agli altri. Ci siamo chiesti se tale forma di perfezionismo induce criticismo e se quindi esiste anche una diversa direzione causale nella correlazione tra criticismo e perfezionismo.

    Una convesazione con il paziente perfezionista
    Dott. Silvio Lenzi – Direttore Scuola Ministeriale “Sinesis” di Bologna
    Condirettore S.B.P.C. (Scuola Bolognese di Psicoterapia Cognitiva)

    Intendiamo per analisi cognitivo-conversazionale lo studio dei trascritti di seduta secondo una duplice prospettiva: quella che si focalizza, utilizzando la metodologia dell’Analisi della Conversazione, su eventi interattivi e sulla sintonizzazione tra soggetti impegnati in una interazione linguistica e quella dei processi conoscitivi che sono individuabili attraverso equivalenti linguistici, in particolare l’attivazione dei diversi sistemi di memoria, così come viene codificata nei Rating system della Adult Attachment Interview . Attraverso questa metodologia empirica di studio verrà analizzato il trascritto di una seduta, svolta con un paziente definito “perfezionista” e ritenuta significativa dal terapeuta. L’obiettivo è quello di individuare e mettere in evidenza eventuali correlazioni tra gli eventi interattivi e i fenomeni cognitivi significativi, suddividendoli secondo due dimensioni che riteniamo importanti ai fini del processo terapeutico: la dimensione della elaborazione e quella della convivenza.

    Una definizione unidimensionale del “perfezionismo clinico” nell’ottica cognitivo-comportamentale: Implicazioni teoriche e terapeutiche
    Patrizia Todisco

    Il perfezionismo sembra giocare un ruolo di rilievo nell’eziologia, nel decorso e nel mantenimento di alcuni stati psicopatologici quali il Disturbo di Personalità Ossessivo-Compulsivo (DPOC) e i Disturbi dell’Alimentazione (DA). Shaphran, Cooper e Fairburn (2002) hanno sottolineato l’importanza di distinguere il normale e funzionale perseguimento di alti standard dal perfezionismo disfunzionale o di rilevanza clinica che si riscontra nei campioni patologici. Per questo motivo gli stessi autori hanno recentemente proposto una nuova definizione di “perfezionismo clinico” inteso come “l’esagerata dipendenza della valutazione di sé dal perseguimento di standard personalmente esigenti e autoimposti in almeno un dominio altamente significativo, nonostante ciò implichi conseguenze avverse”. La psicopatologia centrale di questo costrutto è rappresentata da uno schema disfunzionale di auto-valutazione eccessivamente basato sul perseguimento e il raggiungimento di risultati che sono molto elevati per il soggetto specifico. Il suo mantenimento è assicurato da una serie di processi tra cui: 1. La paura patologica del fallimento, che porta l’individuo a reagire con estrema autocritica ad ogni fallimento percepito e, quindi, a mantenere attivo lo schema negativo di autovalutazione; 2. Lo stabilire standard sotto forma di regole che sono per definizione dicotomiche e, quindi, suscitano senso di colpa e autorecriminazione qualora vengano trasgredite; 3. La necessità di autocontrollo estremo per ottenere gli scopi stabiliti anche a costo di limitare le attività piacevoli; 4. La modalità pregiudiziale di valutazione non solo del raggiungimento di standard personali elevati, ma anche dello sforzo necessario ad ottenerli; 5. L’attenzione selettiva nei confronti del fallimento che porta ad ipervalutare gli errori e sottovalutare i successi parziali con la comparsa di “comportamenti di controllo”, palesi o nascosti, e di “comportamenti di evitamento” (procrastinazione, interruzione, evitamento completo) necessari ad allontanare la possibilità dell’insuccesso; 6. Il ristabilire gli obiettivi ottenuti con successo perché ritenuti non abbastanza elevati se raggiungibili.
    Rispetto alle altre definizioni “multidimensionali” di perfezionismo questa si concentra sulla dimensione auto-referenziale, personale del costrutto per renderlo fruibile nella pratica clinica come uno dei meccanismi di mantenimento di alcuni quadri psicopatologici. Essa è stata sollecitata, infatti, dall’osservazione clinica che molti pazienti affetti da patologie sull’Asse I presentano una psicopatologia riferibile al “perfezionismo clinico” e che questa circostanza complica la risoluzione del loro disturbo principale. La presenza di perfezionismo è risultata predittiva di uno scarso esito al trattamento della depressione e di difficoltà allo sviluppo della relazione terapeutica. L’interazione tra il perfezionismo clinico e il trattamento sarebbe tanto più importante quanto più il dominio in cui si esprime il perfezionismo si sovrappone al dominio colpito dal disturbo psichiatrico. Nel caso dei DA il gruppo di Oxford ipotizza che essi siano in molti casi l’espressione del perfezionismo nel dominio alimentazione, aspetto o peso e loro controllo, dal momento che la valutazione di sé di questi pazienti può essere vista come dipendente dal loro sforzarsi di raggiungere elevati standard personali di controllo nell’ambito alimentazione-peso, nonostante importanti conseguenze negative (emotive, sociali, fisiche, cognitive e comportamentali) .
    La definizione di perfezionismo clinico proposta ha importanti implicazioni teoriche e terapeutiche.
    Tra le prime, l’interdipendenza reciproca tra perfezionismo ed autovalutazione che si evidenzia nel fatto che il perfezionista si valuta in base agli alti standard che si impone, persegue e tenta di raggiungere e, viceversa, nel fatto che il perfezionismo è mantenuto attivo da una valutazione di sé negativa.
    I presupposti teorici portano allo sviluppo di un modello di terapia che richiede la risoluzione del perfezionismo clinico come uno degli aspetti implicati nel mantenimento di alcune malattie psichiatriche, a sua volta mantenuto da un’insieme di fattori. Ne deriva che nel trattamento è necessario, innanzitutto, portare il paziente alla consapevolezza che il perfezionismo costituisce un problema che va inserito nella formulazione cognitivo-comportamentale del caso. In questa formulazione deve essere riconosciuta come problematica fondamentale la limitatezza dello schema di autovalutazione che è eccessivamente condizionato dal perseguimento di elevati obiettivi in un unico e particolare aspetto della vita, spesso disfunzionale esso stesso (ad es. la magrezza estrema nei DA). Lo scopo del trattamento è primariamente quello di ampliare lo schema di autovalutazione del paziente, aumentando il numero e la funzionalità dei domini che vi contribuiscono. All’interno di questo modello è previsto l’utilizzo di tecniche comportamentali, per testare ipotesi alternative allo schema disfunzionale del soggetto, e di tecniche cognitivo-comportamentali, per affrontare le idee disfunzionali che sostengono il perfezionismo come lo stabilirsi standard personalmente esigenti, l’autocriticismo, l’intolleranza dell’incertezza e dell’errore.
    Il perfezionismo clinico viene, anche, inserito tra i fattori di mantenimento aggiuntivi e facoltativi dei DA ipotizzati in nuova teoria transdiagnostica di queste patologie. Secondo questa teoria, da cui è stata tratta una terapia consequenziale, al nucleo centrale di mantenimento dei DA, costituito da un sistema disfunzionale di valutazione del valore personale incentrato su alimentazione, peso e aspetto e la capacità di controllarli, si aggiungerebbe, in alcuni pazienti, un numero variabile (da uno a quattro) di fattori di mantenimento aggiuntivi (perfezionismo clinico, bassa autostima centrale, intolleranza alle emozioni, difficoltà interpersonali). I fattori aggiuntivi, tra cui il perfezionismo clinico, se presenti, richiederebbero specifici interventi terapeutici.

    Il ruolo degli stati affettivo-motivazionali nell’elevazione degli standard di valutazione

    Amelia Gangemi e Francesco Mancini

    Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva
    Associazione di Psicologia Cognitiva (APC)- Roma
    Scuola di Psicoterapia Cognitiva (SPC) – Roma

    Il perfezionismo sembra svolgere un ruolo di rilievo nella genesi, nello sviluppo e nel mantenimento di diversi disturbi psicopatologici (depressione, ansia, disturbo ossessivo compulsivo, etc.). Malgrado ciò rappresenta a tutt’oggi un costrutto poco definito e per questo al centro di un fervente dibattito scientifico volto a trovare risposte ai tanti interrogativi ancora irrisolti che lo riguardano. Ad esempio, il perfezionismo è un termine disposizionale? Se si, perché si ha tale disposizione e in cosa consiste esattamente? Cosa lo mantiene e soprattutto perché non è presente in tutti e non si riferisce a tutto?
    Piuttosto condivisa appare comunque ad oggi l’idea secondo cui il perfezionismo possa essere considerato come una modalità di valutazione della corrispondenza tra scopi e risultati ottenuti (non necessariamente propri) basata su standard molto, troppo elevati.
    Ma da cosa dipende questa modalità di valutazione? Quali stati mentali, cioè quale insieme di scopi e assunzioni portano all’adozione di criteri di valutazione particolarmente alti? Cosa determina, in ultima analisi, l’elevazione degli standard?
    In questa sede cercheremo di rispondere a questi ultimi interrogativi. A tal fine prenderemo in esame due stati mentali, perdita-depressione e timore di colpa per irresponsabilità considerati alla base rispettivamente del disturbo depressivo e del disturbo ossessivo compulsivo.
    Passeremo quindi in rassegna i risultati di alcune nostre recenti ricerche volte proprio a verificare come specifici stati mentali (ad es. il timore di colpa per irresponsabilità) possano portare all’elevazione delle aspettative e dunque degli standards di valutazione delle proprie performance. Verranno infine discusse le implicazioni cliniche di tali risultati per ciò che concerne il DOC.

    Il perfezionismo e il controllo nell’ansia
    Giovanni Maria Ruggiero

    Perfezionismo e controllo fanno parte del gruppo delle credenze centrali che starebbero alla base dei disturbi d’ansia. Il perfezionismo è stato studiato sia da Frost (1990) che da Hewitt & Flett (2001). La definizione migliore rimane quella di timore dell’errore (concern over mistakes). Il controllo è stato studiato sia Barlow comn insufficianza di controllo (2002) che da Crosina e Sassaroli come obbligo di controllo (2003). Perfezionismo e controllo sono due credenze altamente correlate tra loro e simili dal punto di vista della teoria clinica. Tuttavia, sono riscontrabili alcune differenze. Il perfezionismo non porta obbligatoriamente a condotte compulsive di controllo e quindi non è specifico solo dell’ossessività. Invece, il controllo compulsivo definito da Crosina e Sassaroli è più specifico dell’ossessività e il controllo come insufficienza di Barlow copre tutta l’area dell’ansia. Dati di ricerca saranno presentati a supporto dell’ipotesi.

    per informazioni tel.: Alison Colton 02/4150998

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    Pubblicato da Maria Pia Bagnato Bulgarelli @ 20:13

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