• In attesa della pillola «perfetta », troppi i farmaci usati male Nel campo dei sonniferi sta avvenendo una rivoluzione.
    Dopo quarant’anni di onorato servizio le benzodiazepine cominciano a cedere il passo a farmaci più selettivi e che promettono meno effetti collaterali. Ed è a partire dal 2006 che alcune di queste nuove molecole potranno cominciare a dimostrare di cosa sono capaci.
    Secondo un rapporto pubblicato dalla rivista Nature Reviews Drug Discovery, il mercato delle pillole per dormire, che negli Usa ha fatturato due miliardi di dollari e in Italia quasi mezzo miliardo di euro, farà un ulteriore salto raddoppiando il giro di affari nel 2009. Dalle filiere di produzione stanno infatti per essere sfornati prodotti che affrontano in modo nuovo il problema dell’insonnia. «Prima di tutto ci sono i farmaci ipnotici non-benzodiazepinici, che già da qualche anno rappresentano un passo avanti rispetto a quelli storici – spiega Giovanni Biggio, Direttore del Dipartimento di biologia sperimentale dell’Università di Cagliari, fra i massimi esperti di benzodiazepine e antidepressivi. – Mentre questi ultimi inducono il sonno spegnendo, in un certo senso, l’interruttore generale, i non-benzodiazepinici agiscono solo su alcuni interruttori più specifici, in particolare quello della sedazione.


    Il vantaggio è che sono dunque più selettivi, inducendo meno adattamento e dipendenza dal farmaco e alterando in modo meno pesante la struttura naturale del sonno, che si compone di onde lente e onde più rapide, e della fase REM, nella quale si sogna. Inoltre, rispetto ai sonniferi più datati, questi sembrano salvaguardare di più la memoria e non hanno un effetto rilassante sulla muscolatura, che costituisce un rischio per chi soffre di disturbi respiratori durante il sonno». Ma ancora più rivoluzionari sono i farmaci che, anziché agire sui cosiddetti recettori GABA del cervello (l’ interruttore generale del sonno), hanno come bersaglio i recettori della melatonina, simulando l’azione di questo ormone naturale, di cui è nota la funzione di riequilibrio del ciclo sonno-veglia. Molta attesa c’è anche per alcuni farmaci sperimentali che invece agiscono sul sistema della serotonina, un neurotrasmettitore che influisce sull’umore, ma che modula anche il ciclo del sonno.

    «Questi nuovi farmaci cercano di indurre il sonno salvaguardandone la qualità, ma non sappiamo ancora se ci riusciranno – spiega Biggio – . Negli anni 70 siamo passati da farmaci che facevano dormire ma che potevano anche uccidere, come i barbiturici, a farmaci altrettanto efficaci ma sostanzialmente sicuri. Con i non-benzodiazepinici si è fatto un ulteriore passo, anche se di minore entità. Bisogna comunque tenere presente che sia i vecchi sia i nuovi sono farmaci che in misura diversa alterano la struttura del sonno e creano un bisogno di aumentare la dose per mantenere nel tempo l’effetto, oltre a dare dipendenza. Vanno quindi usati per i casi più seri di insonnia». Il guaio, infatti, è che in Italia milioni di persone combattono l’insonnia con un vero e proprio abuso di sonniferi e antidepressivi: tanto che le benzodiazepine sono ancora in cima ai consumi di farmaci a pagamento con una spesa annua di 490 milioni di euro, pari al 13,5% della spesa totale. «Il rischio è una spirale crescente di dosi del farmaco che ormai non ha più effetto, anzi, può rendere cronico il disturbo, creando grossi problemi di dipendenza – spiega Lino Nobili, responsabile del centro di medicina del sonno dell’ospedale Niguarda di Milano. – Per questo è importante che chi lamenta problemi di insonnia si faccia seguire dal medico, che, nel caso di prescrizione di sonniferi, dovrebbe rivedere il paziente al massimo dopo quattro settimane. Meglio infatti periodi brevi ed eventualmente ripetuti di farmaco, programmando l’interruzione, che non deve mai essere brusca».
    La diagnosi è importante anche per capire se l’insonnia di cui ci si lamenta è reale o immaginaria. «Sempre più spesso vedo pazienti che hanno l’impressione di restare svegli ore, e che quando si sottopongono alle nostre misurazioni del sonno, in realtà restano svegli per pochi minuti, magari una decina in tutta la notte», continua Nobili. Una visita approfondita dal medico serve anche per verificare se l’insonnia nasconde qualche altro disturbo, vero obiettivo della cura. «In molti l’insonnia è dovuta a disfunzioni motorie come la sindrome delle gambe senza riposo, controllabile con altri farmaci, oppure da apnee notturne e altri disturbi respiratori. O ancora da dolori dovuti a malattie croniche come l’artrosi. Anche molti ipertesi, per ragioni poco chiare, fanno fatica a dormire. Spesso infine, le forme di insonnia hanno un’origine psicologica, che va trattata preferibilmente con gli antidepressivi, che sul ripristino del sonno possono dare ottimi risultati». Ma prima dei farmaci, le notti in bianco si combattono con uno stile di vita corretto. «A volte basta seguire semplici regole di igiene del sonno, come evitare esercizi fisici impegnativi, e il consumo di alcol e caffé poco prima di andare a letto per ritrovare il sonno perduto», conclude Nobili.

    dal Corriere della sera

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    Pubblicato da Maria Pia Bagnato Bulgarelli @ 14:54

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