• di Riccardo Dalle Grave –  Aidap Verona

    La classificazione DSM-IV dei disturbi dell’alimentazione include tre categorie diagnostiche principali: anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati (NOS) (American Psychiatric Association 1994). Il sottopeso è un criterio diagnostico chiave dell’anoressia nervosa ma può essere presente in un sottogruppo di persone con disturbi dell’alimentazione NOS es. quelle che soddisfano tutti i criteri dell’anoressia nervosa ad eccezione del criterio amenorrea (Dalle Grave et al. 2008b) oppure che non riportano un’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo (Dalle Grave et al. 2008c). La marcata perdita di peso e la restrizione dietetica calorica, cioè un persistente introito calorico inferiore al dispendio energetico, persistente può anche essere presente in persone con disturbi dell’alimentazione non sottopeso con bulimia nervosa o disturbo dell’alimentazione NOS e una storia personale di obesità (Dalle Grave et al., 2011).

    Keys e collaboratori nel loro classico libro di due volumi e di 1.385 pagine “The Biology of Human Starvation” (Keys et al. 1950) hanno fornito una descrizione dettagliata dei sintomi del sottopeso e della restrizione dietetica calorica riportati da giovani adulti maschi volontari. L’osservazione di David Garner (1997) che molti sintomi, chiamati da Keys e collaboratori “sintomi da digiuno”, sono simili a quelli osservati in persone affette da anoressia nervosa, ha contribuito a migliorare la comprensione e il trattamento dei disturbi dell’alimentazione. Oggi è ampiamente accettato che molti sintomi, in passato attribuiti alla psicopatologia dell’anoressia nervosa, sono la mera conseguenza del sottopeso e della restrizione dietetica calorica.

    Questo articolo si pone tre scopi principali: (1) fare una revisione dei sintomi associati al sottopeso e alla restrizione dietetica calorica; (2) descrivere il ruolo del sottopeso e della restrizione dietetica calorica nel mantenimento della psicopatologia dei disturbi dell’alimentazione; (3) analizzare le implicazioni cliniche di questi sintomi nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione

     I sintomi da digiuno

    Il Minnesota Study è lo studio più importante pubblicato che abbia valutato gli effetti della restrizione dietetica calorica e della perdita di peso nelle persone di peso normale. Lo studio, effettuato presso l’Università del Minnesota dal 19 novembre 1944 al 20 dicembre 1945 (Keys et al. 1950), fu ideato per valutare gli effetti fisiologici e psicologici di una severa e prolungata restrizione dietetica calorica e l’efficacia della riabilitazione nutrizione. Lo scopo principale dello studio fu capire come assistere nel modo migliore le vittime della carestia in Europa e in Asia durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale usando i dati derivati da una simulazione laboratoristica della carestia.

    Più di 100 uomini si proposero come partecipanti volontari allo studio come alternativa al servizio militare. Di questo campione iniziale, furono selezionati i 36 uomini che avevano il migliore stato di salute fisico e psicologico e un’elevata motivazione alla partecipazione allo studio (Keys et al. 1950). I partecipanti erano tutti bianchi di età compresa tra 22 e 33 anni e 25 erano membri delle Historic Peace Churches (Mennoninti, Chiesa di Brethren e Quaccheri).

    Lo studio fu diviso in tre fasi: un periodo di controllo di 12 settimane, 24 settimane semidigiuno e 12 settimane di riabilitazione nutrizionale. Nella fase uno, i volontari si cibarono normalmente mentre furono studiati dettagliatamente il loro comportamento, la loro personalità e le loro modalità alimentari. Durante questo periodo i partecipanti assunsero in media 3.492 kcal. Nella fase due i partecipanti furono sottoposti a una restrizione che corrispondeva a circa la metà del loro introito calorico iniziale (in media 1.570 kcal), che era simile all’assunzione caloria media delle persone europee colpite dalla carestia. Questo regime determinò nei partecipanti una perdita approssimativa del 25% del peso iniziale. Infine, nella fase tre, i partecipanti furono gradualmente nutriti in maniera normale.

    La maggior parte dei risultati fu riportata solo per 32 uomini, dato che quattro dei partecipanti all’esperimento si ritirarono durante o alla fine della fase di restrizione calorica. Nonostante le risposte individuali, rispetto alla perdita di peso, variassero notevolmente tutti gli uomini sperimentarono drammatici cambiamenti fisici, psicologici e sociali riassunti nella Tabella 1.

    Tabella 1. Effetti della restrizione calorica e della perdita di peso nei partecipanti al Minnesota Study

    Effetti comportamentali

    • Rituali alimentari (mangiare molto lentamente, tagliare il cibo in piccoli pezzi, mescolare il cibo in modo bizzarro, ingerire cibo bollente)

    • Lettura di libri di cucina e collezione di ricette

    • Incremento del consumo di caffè, tè, spezie, gomme da masticare e acqua

    • Onicofagia

    • Incremento del fumo di sigarette

    • Episodi bulimici

    • Incremento dell’esercizio fisico per evitare la riduzione del contenuto calorico della dieta

    • Autolesionismo

    Effetti psicologici

    • Danneggiamento della capacità di concentrazione

    • Scarso capacità di insight e di giudizio critico

    • Preoccupazione per il cibo e l’alimentazione

    • Depressione

    • Sbalzi del tono dell’umore

    • Irritabilità

    • Rabbia

    • Ansia

    • Apatia

    • Episodi psicotici

    • Cambiamenti di personalità confermati dai test psicologici

    Effetti sociali

    • Isolamento sociale

    • Riduzione dell’interesse sessuale

    Modificazioni fisiche

    • Disturbi del sonno

    • Vertigini

    • Debolezza

    • Dolori addominale

    • Disturbi gastrointestinali

    • Cefalea

    • Ipersensibilità al rumore e alla luce

    • Edema

    • Ipotermia

    • Riduzione della frequenza cardiaca e respiratoria

    • Parestesie

    • Diminuzione del metabolismo basale

    • Aumento della fame

    • Precoce senso di pienezza

    Tratta da Keys, A., Brozek, J., Henschel, A., Mickelsen, O., & Taylor, H. L. (1950). The biology of human starva-tion (Vol. 2). Minneapolis: University of Minnesota Press.

    Effetti comportamentali

    Verso la fine del periodo di restrizione calorica i volontari impiegavano due ore a mangiare un pasto che in precedenza richiedeva loro pochi minuti. Dedicavano ore a programmare come suddividere la quantità di cibo quotidiana. Diciannove di loro cominciarono a leggere libri di cucina e a collezionare ricette. Vi fu un aumento del consumo di caffè e tè: molti bevevano più di 15 caffè al giorno. I partecipanti cercavano di tenere lo stomaco pieno bevendo grandi quantità di liquidi (acqua e zuppe); chiedevano che il cibo fosse servito bollente; mischiavano gli alimenti in modo strano e vi fu un incremento notevole dell’uso di sale e spezie. Il consumo di gomme da masticare – per alcuni partecipanti anche 40 pacchetti al giorno, il fumo e l’onicofagia aumentarono marcatamente. Numerosi di questi cambiamenti persistettero anche durante le 12 settimane di recupero del peso.

    Durante la fase di restrizione calorica tutti i partecipanti riferivano un incremento della fame; alcuni riuscivano a tollerarla, per altri invece la cosa costituì un’intensa preoccupazione, fino a diventare insopportabile. Parecchi fra gli obiettori non riuscirono ad aderire alla dieta e manifestarono episodi bulimici, seguiti da auto-rimprovero e auto-deprecazione. Durante la fase di recupero del peso, quando era offerta loro una grande quantità di cibo, molti partecipanti perdevano il controllo dell’appetito, mangiando di più o di meno del necessario; anche dopo 12 settimane di riabilitazione veniva segnalato un aumento della fame subito dopo un pasto abbondante. La normalizzazione delle abitudini alimentari avvenne nella maggior parte dei casi solo dopo circa cinque mesi di riabilitazione, ma in un sottogruppo il consumo di cibo in eccesso continuò. Non s’identificò il fattore discriminante fra chi normalizzò le abitudini alimentari e quelli che invece continuarono a mangiare enormi quantità di cibo; tuttavia è importante sottolineare il fatto che, tra i partecipanti in esame, si verificarono differenze nella risposta alla denutrizione.

    In generale, gli uomini risposero alla restrizione calorica con una riduzione dell’attività fisica. Diventarono stanchi, deboli, disattenti e apatici e si lamentarono di mancanza di energia. I movimenti dei volontari diventarono notevolmente più lenti. Tuttavia, secondo Keys e collaboratori, “alcuni uomini praticavano saltuariamente dell’esercizio fisico in modo spontaneo”. Qualcuno tentò di perdere più peso cercando di consumare più energie in modo tale da poter ottenere una razione di pane più abbondante o di evitare la riduzione delle razioni.

    Effetti psicologici

    Molti partecipanti, nonostante che all’inizio fossero psicologicamente sani, mostrarono importanti modificazioni emotive e cognitive.

    I cambiamenti cognitivi più rilevanti furono una capacità di concentrazione, della vigilanza, della comprensione e del giudizio critico, mentre non accaddero alterazioni delle abilità intellettive. Il danneggiamento della capacità di concentrazione fu attribuito dovuto ai pensieri ricorrenti sul cibo e sull’alimentazione riportati dalla maggior parte dei partecipanti.

    Alcuni attraversarono transitori o protratti periodi di depressione; occasionalmente si manifestò uno stato di euforia, seguito da depressione. Sebbene prima dello studio in tutti i volontari fosse stata riscontrata un’elevata tolleranza allo stress, molti di essi esibirono frequenti segni di irritabilità ed esplosioni di rabbia. In numerosi partecipanti l’ansia era molto evidente; l’apatia divenne comune; in alcuni, inoltre, i disturbi emozionali divennero così gravi da poter parlare di “nevrosi da semidigiuno”. Il Minnesota Multiphasic Personality Inventory – noto questionario che studia la personalità – rilevò che durante la restrizione calorica si era verificato un incremento di depressione, isteria e ipocondria, la cosiddetta “triade nevrotica”, comunemente osservata in individui nevrotici. Queste aberrazioni emotive non svanirono immediatamente durante la riabilitazione, ma persistettero per parecchie settimane. Durante la restrizione calorica, inoltre, due volontari svilupparono disturbi di proporzioni psicotiche, e uno dei due si tagliò tre dita delle mani in risposta alla sua angoscia; altri invece la sopportarono bene anche dal punto di vista psicologico.

    Effetti sociali

    La restrizione calorica determinò nei volontari cambiamenti nelle relazioni sociali, quali una minore capacità di socializzazione e un maggiore isolamento. L’umore generale subì un peggioramento, il cameratismo diminuì marcatamente, mentre crebbe il senso di inadeguatezza sociale. Inoltre, i partecipanti all’esperimento riferirono una marcata diminuzione dell’interesse sessuale, della masturbazione e delle fantasie erotiche; gli impulsi sessuali cessarono o diventarono meno comuni.

    Effetti fisici

    Dopo sei mesi di restrizione alimentare calorica, i partecipanti presentarono varie modificazioni fisiche tra cui: vaghi dolori addominali, digestione lenta e difficile, disturbi del sonno, vertigini, mal di testa, ipersensibilità alla luce e al rumore, riduzione della forza, edema, perdita di capelli, diminuita tolleranza al freddo, mani e piedi freddi, disturbi della visione (macchie nel campo visivo e difficoltà nella focalizzazione delle immagini), disturbi dell’udito (ronzii) e parestesie. Si verificò una riduzione della temperatura e del metabolismo basale, oltre che della frequenza cardiaca e respiratoria, che alla fine dello studio si avvicinò addirittura al 40% della norma. Durante la riabilitazione il metabolismo basale aumentò in maniera proporzionale all’aumento delle calorie ingerite.

    Dopo la fase di perdita di peso di almeno il 25% del peso corporeo iniziale, i partecipanti furono sottoposti a molti mesi di rialimentazione che li fece tornare mediamente al loro peso originale, accresciuto del 10%; ma poi gradualmente ritornarono ai livelli di peso che avevano prima dell’esperimento. Tale risultato dimostra che il corpo non è semplicemente “riprogrammabile” a un peso più basso dopo un periodo di dimagramento e che la restrizione alimentare sperimentale dei volontari non riuscì a vincere la forte propensione dei loro corpi a ritornare al loro livello di peso di partenza.

    Commenti dai partecipanti all’esperimento

    Nel 2003–2004, 18 dei 36 partecipanti all’esperimento erano ancora vivi e furono intervistati da ricercatori della The Johns Hopkins School of Medicine di Baltimora (Kalm and Semba 2005). I partecipanti all’epoca dell’intervista avevano più di 80 anni e parlarono appassionatamente quando fu chiesto loro quali fossero stati i motivi della scelta di essere obiettori di coscienza e di partecipare all’esperimento. Sebbene i dati dello studio siano stati riportati in modo dettagliato nel libro The Biology of Human Starvation, i partecipanti fornirono un quadro più vivo della loro vita giornaliera durante l’esperimento (Kalm and Semba 2005). Dopo un iniziale entusiasmo, gli intervistati riportarono di aver avuto profondi cambiamenti nella loro personalità. Diventarono più irritabili e impazienti l’uno con l’altro, iniziarono a soffrire gli effetti fisici della deprivazione alimentare, un aumento dell’introversione, minore energia, vertigini, estrema stanchezza, intolleranza al freddo, dolori muscolari, perdita di capelli, diminuzione della coordinazione, tintinnii alle orecchie e scarsa concentrazione. Il cibo divenne un’ossessione per tutti i partecipanti, gli intervistati confermarono di avere perso l’interesse verso l’altro sesso. Nonostante queste difficoltà, gli intervistati affermarono di aver mantenuto la determinazione a continuare lo studio per motivi religiosi, per la loro forza di volontà e disciplina (Kalm and Semba 2005).

    Per alcuni uomini intervistati, il periodo di riabilitazione fu considerato quello più difficile dell’intero esperimento. I sintomi di vertigine e apatia furono i primi a scomparire, mentre la sensazione di stanchezza, perdita dell’appetito sessuale e debolezza impiegarono molto più tempo a regredire. In generale, gli intervistati riportarono di non essere in grado di ritornare alle loro abituali occupazioni dopo la fine dei tre mesi di riabilitazione nutrizionale. Molti ebbero episodi di alimentazione in eccesso e divennero obesi. Gli intervistati stimarono che il tempo per raggiungere un pieno recupero variò da due mesi a due anni (Kalm and Semba 2005). Comunque, nessuno degli intervistati riportò di aver avuto effetti negativi sulla salute in conseguenza dell’esperimento (Kalm and Semba 2005).

    Sintomi da digiuno nei disturbi dell’alimentazione

    Il Minnesota study ha avuto un ruolo fondamentale nel migliorare la nostra comprensione dei disturbi dell’alimentazione perché molti sintomi osservati nei volontari sono simili a quelli riferiti dai pazienti sottopeso con disturbi dell’alimentazione. Purtroppo, fino ad ora, nessuno studio ha valutato sistematicamente la prevalenza dei sintomi da digiuno nelle persone affette da disturbi dell’alimentazione. La Tabella 2 riporta la prevalenza dei sintomi da digiuno negli ultimi 28 giorni in 50 pazienti con anoressia nervosa consecutivamente valutati all’inizio del trattamento presso l’Unità di Riabilitazione Nutrizionale della Casa di Cura Villa Garda. Circa il 90% dei pazienti ha riportato preoccupazioni per il cibo e l’alimentazione e l’82% irritabilità. Altri sintomi riportati dal 50% dei pazienti sono l’ansia, la depressione, i cambiamenti del tono dell’umore, i disturbi del sonno, l’isolamento sociale, la debolezza, i sintomi gastrointestinali, l’intolleranza al freddo, il danneggiamento della concentrazione, l’apatia e l’aumento del senso di pienezza.

    Tabella 2. Prevalenza dei sintomi da digiuno negli ultimi 28 giorni riportati da 50 pazienti consecutivi con anoressia nervosa (IMC medio 15,3 – range 11,7–17,4)

    Sintomo -> Percentuale

    Preoccupazione per il cibo e l’alimentazione -> 90

    Irritabilità -> 82

    Ansia -> 78

    Depressione -> 76

    Sbalzi del tono dell’umore -> 66

    Disturbi del sonno -> 66

    Isolamento sociale -> 56

    Debolezza -> 56

    Sintomi gastrointestinali -> 56

    Intolleranza al freddo -> 56

    Danneggiamento della concentrazione -> 54

    Apatia -> 50

    Aumento del senso di sazietà -> 50

    Bassa temperatura corporea -> 38

    Mangiare molto lentamente -> 38

    Riduzione dell’interesse sessuale -> 38

    Aumento del senso di pienezza -> 36

    Aumento del senso di fame -> 32

    Tagliare il cibo in piccoli pezzi -> 30

    Collezionare libri di cucina e ricetta -> 28

    Incrementare il consumo di caffè o tè o spezie -> 28

    Cambiamenti della personalità -> 28

    Accumulare cibo -> 24

    Mangiare cibo bollente -> 24

    Intolleranza ai rumori -> 22

    Formicolii -> 20

    Edema alle gambe -> 18

    Abbuffate -> 16

    Intolleranza alla luce -> 16

    Sentire delle voci in testa -> 4

    Allucinazioni -> 0

    Interazione dei sintomi da digiuno con la psicopatologia dei disturbi dell’alimentazione

    I sintomi da digiuno negli individui senza disturbi dell’alimentazione hanno la funzione positiva di focalizzare l’attenzione primariamente sulla ricerca del cibo e di prolungare l’esistenza attraverso una riduzione del metabolismo basale. Questo, però, non accade nelle persone affette da disturbi dell’alimentazione. Due studi recenti (Shafran et al., 2003; Dalle Grave et al., 2007) hanno evidenziato che gli effetti del sottopeso e della restrizione calorica non si limitano solo a mantenere dei sintomi fisici e psicosociali che ostacolano il raggiungimento di un normale funzionamento psicologico, ma svolgono anche un ruolo importante nel mantenere l’individuo bloccato nello stato mentale del disturbo dell’alimentazione attraverso un incremento della necessità di controllare l’alimentazione (Figura 1). Alcuni sintomi da digiuno, come la fame o il precoce senso di pienezza, interagendo con la psicopatologia del disturbo dell’alimentazione sono, infatti, interpretati come minaccia al controllo alimentare (es. la fame) o come fallimento del controllo alimentare (es. il precoce senso di pienezza). Ciò fa sì che l’individuo incrementi il controllo dell’alimentazione e i livelli di restrizione dietetica.

    Nella Tabella 3 sono riportati alcuni meccanismi potenziali attraverso cui alcuni sintomi da digiuno specifici sembrano mantenere il disturbo dell’alimentazione aumentando la necessità di controllare l’alimentazione.

    Figura 1.

    L’interpretazione dei sintomi della sindrome da denutrizione aumenta la necessità di controllare l’alimentazione nelle persone con eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo

    Tabella 3. Meccanismi potenziali attraverso cui alcuni sintomi da digiuno sembrano mantenere il disturbo dell’alimentazione aumentando la necessità di controllare l’alimentazione

    • Ansia: da una parte può portare a utilizzare il controllo dell’alimentazione, del peso e della forma del corpo per ridurre i sintomi d’ansia, dall’altra può favorire le abbuffate.

    • Deficit di concentrazione: può minacciare il senso di autocontrollo dell’individuo.

    • Depressione: peggiorando l’autostima, favorisce l’uso del controllo dell’alimentazione, del peso e della forma del corpo come mezzi di autovalutazione.

    • Fame: è interpretata come minaccia al controllo alimentare.

    • Isolamento sociale: da una parte impedisce lo sviluppo di relazioni positive che possono migliorare l’autostima, dall’altra favorisce l’uso dell’alimentazione, del peso e della forma del corpo come mezzi principali per valutare se stessi.

    • Precoce senso di pienezza: è interpretato come un fallimento dell’autocontrollo.

    • Rallentamento perdita di peso: può essere vissuto come un segno di perdita di controllo e può essere affrontato restringendo ulteriormente la dieta e utilizzando altri comportamenti non salutari di controllo del peso.

    • Tendenza ad abbuffarsi: aumenta l’intensità del controllo alimentare.

     Implicazioni cliniche

    La conoscenza dei sintomi da digiuno e di come interagiscono con la psicopatologia dei disturbi dell’alimentazione ha importanti implicazioni sia per la comprensione sia per il trattamento dei disturbi dell’alimentazione (Tabella 4).

    I clinici dovrebbero essere informati che molti sintomi riportati dai pazienti con anoressia nervosa sono secondari alla restrizione calorica e al sottopeso e non sono l’espressione della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione. Questi sintomi non si limitano al cibo e al peso, ma si estendono potenzialmente a tutte le aree di funzionamento sociale e psicologico. Dato che molti sintomi postulati come causa dei disturbi dell’alimentazione sono in realtà secondari alla restrizione calorica e al sottopeso, i clinici dovrebbero essere consapevoli che un’accurata valutazione della personalità e del funzionamento psicologico dei pazienti sottopeso con disturbi dell’alimentazione può essere effettuata solo dopo la completa normalizzazione del peso corporeo (Garner 1998).

    I pazienti dovrebbero essere educati sui sintomi da digiuno e sul Minnesota study (Garner 1997; Garner et al. 1997). Questa raccomandazione si basa sulle assunzioni che i pazienti con disturbi dell’alimentazione hanno spesso informazioni scorrette sulle cause dei loro sintomi e tendono a ridurre gli sforzi di mantenere un sottopeso se sono informati sui meccanismi che mantengono il loro disturbo (Garner 1998). I pazienti dovrebbero essere anche aiutati a modificare la loro interpretazione disfunzionale dei sintomi da digiuno, poiché tendono a interpretarli in modo positivo e come segno di essere in controllo (Shafran et al. 2003; Fairburn et al. 1999). Infine, i pazienti dovrebbero essere aiutati a raggiungere un peso corporeo salutare, poiché il mantenimento della restrizione calorica e del sottopeso sono potenti meccanismi di mantenimento della psicopatologia del loro disturbo dell’alimentazione (Fairburn 2008). Per raggiungere questi due obiettivi sono disponibili sia materiale educativo sui sintomi da digiuno per i pazienti (Dalle Grave, 2012; Garner 1997) sia manuali per i clinici che descrivono le procedure e le strategie per affrontare i sottopeso e la restrizione dietetica calorica nei pazienti con disturbi dell’alimentazione (Dalle Grave, 2012; Fairburn 2010).

    Tabella 4. Implicazioni cliniche dei sintomi da digiuno

    Visione tradizionale

    • È necessaria la normalizzazione del peso e dell’alimentazione per eseguire una valutazione affidabile della personalità e delle problematiche psicologiche coesistenti nei pazienti affetti da disturbi dell’alimentazione

    • È necessario il recupero del peso per eseguire una psicoterapia efficace nei pazienti con disturbi dell’alimentazione

    Visione moderna

    • I sintomi da digiuno, interagendo con la psicopatologia specifica dei disturbi dell’alimentazione, aumentano la necessità di controllo dell’alimentazione

    • I pazienti devono essere educati sui sintomi da digiuno ed essere aiutati a interpretarli in modo funzionale.

    Referenze

    American Psychiatric Association. Diagnostic and statistical manual of mental disorders 4th ed. Washington, D.C: American Psychiatric Association; 1994.

    Dalle Grave R. Come vincere i disturbi dell’alimentazione. Verona: Poistive Press; 2012.

    Dalle Grave R, Pasqualoni E, Marchesini G. In Preedy VR et al., editors. Handbook of Behavior, Food and Nutrition. Springer Science+Business Media 2011: p. 2259-2269

    Dalle Grave R, Bohn K, Hawker D, Fairburn CG. In Fairburn CG, editors. Cognitive behavior therapy and eating disorders. New York: Guilford Press 2008a: p. 231–44.

    Dalle Grave R, Calugi S, Marchesini G. Behav Res Ther. 2008b;46:1290–94.

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    Fairburn CG. Cognitive Behavior Therapy and Eating Disorders. New York: Guilford Press; 2008.

    Fairburn CG, Cooper Z, Shafran R. Behav Res Ther. 2003;41:509–28.

    Fairburn CG, Shafran R, Cooper Z. Behav Res Ther. 1999;37:1–13.

    Garner DM. In: Garner DM, Garfinkel PE, editors. Handbook of treatment for eating disorders. New York: Guilford Press; 1997. p. 145–177.

    Garner DM, Vitousek K, Pike K. In: Garner DM, Garfinkel PE, editors. Handbook of treatment for eating disorders. New York: Guilford Press; 1997. p. 94–144.

    Garner DM. Health Weight J. 1998;12:68–72.
Kalm LM, Semba RD. J Nutr. 2005;135:1347–52.

    Keys A, Brozek J, Henschel A, Mickelsen O, Taylor HL. The biology of human starvation. Minneapolis: University of Minnesota Press; 1950.
Shafran R, Fairburn CG, Nelson L, Robinson PH. Behav Res Ther. 2003;41:887–94.

    Shafran R, Fairburn CG, Nelson L & Robinson PH. Behav Res Ther. 2003 41:887-94.

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    Pubblicato da Maria Pia Bagnato Bulgarelli @ 12:11

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